Settembre 18, 2024

Covid-19 e cervello: sintomi, complicanze e ripercussioni sulla gestione delle malattie neurologiche

23 Dicembre 2020 – Il Covid, come può colpire organi come polmoni, cuore, rene, può anche

colpire il cervello e con due implicazioni nelle malattie neurologiche, manifestazioni

neurologiche direttamente indotte dall’infezione e grosse ripercussioni sulla gestione

delle malattie neurologiche legate all’emergenza come dimostra uno studio recentemente

pubblicato che ha evidenziato gli effetti comportamentali e psicologici della quarantena nei

pazienti con demenza: peggioramento di sintomi comportamentali e psicologici della demenza

come apatia (34,5%), depressione (25%), ansia (29%), disturbi del sonno (24%), irritabilità

(40,2%), agitazione (30,7%) e un nuovo inizio di sintomi comportamentali e psicologici della

demenza quali disturbi del sonno (21,3%), irritabilità (20,6%), apatia ( 17%) e aggressività

(13%). E’ quanto è emerso durante il webinar “Organopatia da Covid-19. Diagnosi, terapia

e follow up” organizzato da  Motore Sanità.

 

Sono molteplici i quadri neurologici che possono insorgere nelle varie fasi dell’infezione:

sintomi a livello del sistema nervoso centrale come cefalea, vertigini, disturbi dello stato di

coscienza (confusione, delirium, fino al coma), encefaliti da infezione diretta del virus o su

base autoimmune, manifestazioni epilettiche, disturbi motori e sensitivi, spesso legati a

ictus ischemici o emorragici; sintomi a livello del sistema nervoso periferico come la perdita o

distorsione del senso dell’olfatto, del gusto, sofferenza diretta o su base immuno-mediata

dei nervi periferici (neuralgie, sindrome di Guillan-Barrè), nonché sintomi da danno muscolare

scheletrico, che si manifestano con mialgie intense, spesso correlate a rialzo di enzimi liberati

dal muscolo (CPK), espressione di danno muscolare diretto. Ma, come è stato segnalato per

altri organi, si possono manifestare complicanze neurologiche post Covid: in circa il 30% dei

soggetti trattati presso gli ambulatori post Covid, oltre ad astenia, che è il sintomo più

comune, si è osservata difficoltà di concentrazione o veri e propri disturbi di memoria, e ora

i neurologi stanno cercando di documentare quali sono le aree cerebrali che posso maggiormente

essere colpite, con valutazioni neuropsicologiche o con la risonanza o con esami di imaging. Si

possono inoltre manifestare patologie neurologiche legate ad alterazioni delle pareti vasali,

alterazioni della coagulazione, liberazione delle citochine pro-infiammatorie, infiammazione della

parete dei vasi e la produzione di autoanticorpi.

 

Proprio per il rischio importante di complicanze durante l’infezione e di conseguenze anche dopo

l’infezione, la Società Italiana di Neurologia (SIN) ha promosso lo studio multicentrico

NeuroCOVID sulle manifestazioni neurologiche durante l’infezione con l’obiettivo di raccogliere

informazioni sui pazienti che sono o sono stati affetti da Covid relative alla specifica sintomatologia

clinica neurologica manifestata, ad esami eventualmente eseguiti per evidenziare un interessamento

del sistema nervoso e sul decorso della sintomatologia allo scopo di valutare possibili implicazioni a

lungo termine sul sistema nervoso. Lo studio è partito a marzo con l’esplosione della pandemia e il

reclutamento si protrarrà fino al giugno 2021 con un follow-up che dovrebbe protrarsi fino alla fine

dell’anno prossimo. Allo studio hanno già aderito 48 unità di neurologia nel territorio italiano e altre

stanno chiedendo l’adesione.

 

Si osserva un legame della proteina Spike del virus ai recettori ACE2 e Neuropilina1, presenti sia

in cellule epiteliali, che vascolari, che nervose – ha spiegato il Professor Carlo Ferrarese,

Direttore del Centro di Neuroscienze di Milano, Università di Milano Bicocca e Direttore della Clinica

Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza -. L’ingresso del virus al cervello può essere

ematogena ma soprattutto guidato dal nervo olfattorio e dal nervo vago, che innerva polmoni e

l’intestino, e giunto al cervello può rapidamente diffondersi tra le varie cellule nervose, negli astrociti,

e negli studi autoptici che sono stati fatti in soggetti deceduti con infezione, è stato osservato proprio

il virus nelle cellule cerebrali”.

 

Le patologie che vengono osservate, come ad esempio le encefaliti, hanno spesso una base

autoimmune. “In alcuni casi – ha proseguito il Ferrarese – sono legate al danno del virus, ma in molti

casi si sono risolte con massicce dosi di steroidi seguite da plasmaferesi oppure da somministrazione

di immunoglobuline, come accade nella malattia di Guillan-Barrè, i cui casi si manifestano a volte già

all’esordio della sintomatologia Covid, a volte a distanza di tempo, quindi è come se la risposta

immunitaria favorisse proprio queste patologie sia a livello del sistema nervoso centrale che periferico”.

 

A tale proposito “l’esercizio di per sé ha un effetto terapeutico perché ha effetti di neuromodulazione

e di modulazione anche della risposta immunitaria in funzione dell’intensità di esercizio – spiega

Franco Molteni, Direttore UOC Recupero e Riabilitazione Funzionale Villa Beretta Costa Masnaga -.

Altro elemento da non sottovalutare in questi pazienti è la risposta del sistema vegetativo all’esercizio

che è spesso alterata e che probabilmente è implicata nella sindrome da fatica cronica che stiamo

osservando in questi pazienti. Questi due elementi andrebbero visti in modo molto approfonditi nel

lungo periodo”.

 

Infine, la pandemia ha avuto una enorme ripercussione sulla gestione delle malattie neurologiche.

La chiusura degli ambulatori, soprattutto nella prima fase, la difficoltà stessa di pazienti che hanno

avuto ansia a recarsi al pronto soccorso per le loro patologie e quindi non sono stati seguiti, e lo

stesso lockdown che ha costretto a casa pazienti con la demenza hanno fatto registrare un netto

peggioramento del quadro dei disturbi comportamentali o addirittura la comparsa di nuovi

disturbi comportamentali in soggetti affetti da demenza, come testimonia uno studio recentemente

pubblicato – ha concluso il Professor Ferrarese -. Stiamo cercando di attrezzarci con la telemedicina,

con collegamenti via internet e telefonici, seppur non è la stessa cosa che seguire direttamente questi

pazienti. Le patologie neurologiche hanno avuto un grosso impatto da questa pandemia, stiamo

cercando di monitorarle e vedremo anche a distanza di tempo quale sarà lo scenario”.

 

 

Riportiamo qui di seguito il link per scaricare il comunicato stampa: COMUNICATO STAMPA

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