Spesso non ci accorgiamo che quello che stiamo facendo non funziona, e la cosa più logica sarebbe fare qualcosa di diverso. Invece, spesso, continuiamo a fare la stessa cosa, ma con più forza e impegno di prima.
Un esempio potrebbe essere quello del tentativo di controllare l’ansia prima di parlare in pubblico: più cerchiamo di controllarla, più l’ansia cresce. O l’impegno ad addormentarsi durante una notte in cui non riusciamo a dormire: più ci impegniamo, meno sarà probabile prendere sonno.
Questi tentativi di soluzione hanno in comune l’esito di trasformare una difficoltà iniziale, che poteva essere facilmente superata, in un vero problema. In questo senso la tentata soluzione è il problema.
Altri esempi:
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Il proibizionismo negli Stati Uniti (1919-1933), nato con il fine di tutelare la salute pubblica, trasformò il problema della diffusione dell’alcolismo in un problema molto più grande, facendo la fortuna di Al Capone e moltiplicando quegli aspetti negativi che si volevano combattere.
- La corsa agli armamenti durante la guerra fredda: USA e URSS, in quegli anni, vedevano nell’armamento degli avversari una ragione di insicurezza e finivano per risolvere la questione armandosi di più. Naturalmente, l’avversario rispondeva armandosi di più a sua volta, quindi il problema non si era risolto, ma si era rafforzato.
- Le crisi economiche: allo scopo di diminuire gli effetti della crisi si cerca di spendere di meno, ma le minori spese alimentano la crisi che si voleva risolvere.
L’aspetto più critico è che spesso non ci si rende conto di tutto ciò, anzi reputiamo i nostri comportamenti “ reazioni naturali” alla situazione.
Rovesciare le tentate soluzioni disfunzionali
Le “tentate soluzioni”, quando sono vengono applicate sistematicamente, diventano il nostro modello prevalente di reazione della realtà, strutturandosi come veri e propri copioni ricorrenti, che, irrigiditi e replicati in modo non flessibile, finiscono per risultare dannosi.