Settembre 13, 2024

Protesi oculari mobili e psicologia: l’impatto con la società

La necessità di ricorso a supporti medico-chirurgici è spesso dettata da un trauma o un processo operativo tale da generare una mancanza, di un organo, arto o componente, all’interno di un paziente al quale non sarebbero rimaste altresì alternative se non quella della rimozione del suddetto verso il quale la medicina moderna viene in soccorso offrendo delle soluzioni più o meno tampone per ricucire lo strappo almeno nell’ottica psicologica.
Il caso diventa particolarmente evidente, mostrando gli aspetti positivi del ricorso a tali dispositivi, specialmente quando si parla di patologie visive e del ricorso alle protesi oculari mobili per compensare l’assenza del bulbo oculare – piena o parziale – generata da un processo di enucleazione o esportazione a causa di patologie croniche o traumi talmente insuperabili d’aver causato il ricorso alla soluzione chirurgica. Ciononostante il recupero dell’impatto estetico rappresenta uno dei primi fattori chiave di una completa guarigione, il post-operatorio si compone infatti anche del momento di re-inserimento societario che spesso percepisce l’utilizzo di protesi come un deficit interpretandolo come una disabilità limitante anziché come semplicemente una differenza incapace di modificare l’identità ed il ruolo del medesimo soggetto al proprio interno.
Le protesi oculari mobili, in tal senso, soddisfano l’obbligatorietà di restaurare l’integrità della personalità del soggetto preso in esame all’interno del contesto comunitario limitando l’impatto – in termini di differenze – rispetto quest’ultima, il paziente non evidenzia infatti alcuna differenza rispetto la fase pre-operatoria e per tale motivo riesce a percepire anche se stesso, non solo rispetto la percezione esterna altrui, come non del tutto mancante di una parte di se stesso sebbene il primo periodo per-operatorio non mancherà di fornire segnali scoraggianti nell’adattamento alla nuova realtà, anche e soprattutto nell’ottica visiva vista la necessità di ri-adattare anche la messa a fuoco dovuta all’assenza di un bulbo oculare.
La semplicità d’uso delle protesi oculari mobili è un altro fattore che spinge verso il loro utilizzo, il processo d’inserimento rispetto la porzione ottica sopravvissuta  è infatti intuitivo e di rapido apprendimento presso i principali centri di protesi oculari nelle principali città, fornendo in tal modo uno strumento non particolarmente limitante nell’utilizzo quotidiano a partire anche dalla rimozione e dalle modalità di igienizzazione – seguendo i protocolli e le linee guida rispetto i materiali da utilizzare e la frequenza di attuazione – minimizzando l’impressione di dipendenza spesso legata all’utilizzo generico di protesi.
Tali fattori contribuiscono a rendere meno traumatico l’uso di protesi oculari mobili rispetto qualsiasi altra tipologia di dispositivo medico-chirurgico, re-scrivendone la medesima definizione nel corso del tempo: tali protesi sono infatti pensate per integrarsi al massimo con la personalità del paziente, divenendo parte integrante e sostitutiva del proprio corpo al punto da passare sia inosservate alla società esterna che chiaramente a chi ne fa utilizzo, proponendosi come un elemento di uso quotidiano al quale fare abitudine non in modo passivo bensì in modo attivo e con totale accettazione anziché rassegnazione.
Dettagli non da poco considerando quanto, specialmente per le patologie ottiche, spesso il ricorso a questi ultimi sembra essere attualmente l’unica strada percorribile in molti casi.

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