La Calabria si colloca agli ultimi posti di ogni graduatoria. A determinare una tale situazione di degrado concorrono diversi fattori: mali antichi e recenti, inadeguatezza della struttura produttiva, disoccupazione di massa, ricchezza e miseria, deboezza dell’apparato amministrativo, carenza di servizi, criminalità, squilibri urbani e demografici, emigrazione. Questi i titoli del “differenziale Calabria”.
Per uscire dal circolo vizioso dell’eterna dipendenza ed emergenza e passare dalla fase descrittiva del fenomeno a quella operativa, per utilizzare compiutamente le nuove opportu¬nità legislative e finanziarie, per misurare le ragioni dell’impegno e della responsabilità è urgente esprimere una nuova progettualità e guardare con occhio più sereno gli scenari futu¬ri. Per uno sviluppo organico e diffuso che non rinunci a nessuna delle direttrici possibili, per rendere normale in Calabria ciò che riesce ad essere normale altrove, per una gestione mira¬ta e sinergica dei “processi chiave”, per liberare nuove energie è necessario:
– definire un quadro generale delle vocazioni del territorio nei suoi aspetti insediativi, pro¬duttivi, infrastrutturali e culturali;
– selezionare gli obbiettivi, gli strumenti ed i soggetti responsabili;
– assicurare una linea di intervento coerente ed unitaria.
Ciò che serve è lavorare con concretezza sulle tante inadempienze di cui è costellata la storia di questi decenni, dai progetti rimasti sulla carta, alle tante opere pubbliche inutilizzate; rivol¬gere i nuovi progetti all’utilizzazione delle risorse del lavoro e del suolo, al miglioramento dell’ambiente naturale; progettare reti, sistemi, interconnessioni, software.
Inoltre sviluppare quelle capacità amministrative, tecniche e gestionali che più hanno fatto difetto in passato. C’è una grande questione nazionale: la frontiera che il riformismo moder¬no deve conquistare è il “problema del Mezzogiorno”. Per ridare speranza alla Calabria e alle altre regioni meridionali, occorre abbattere il muro tra il nord e il sud. La Calabria può farce¬la solo se la Regione e gli Enti locali saranno in grado di rinnovarsi e se una più forte classe dirigente politico-amministrativa saprà sfruttare gli strumenti disponibili e le tecnologie acquisibili nell’ambito di una equilibrata politica nazionale in grado di affrontare in primo luogo il problema del lavoro e della sicurezza sociale.
Da meridionalista convinto, ecco perchè affermo:
i Calabresi cominciano a camminare subito, intellettuali e letterati, per loro identità e loro radici.
È sempre più mia convinzione che sia necessario, in questa nostra società schizo¬frenica, che la ragione prevalga. La ragione non disgiunta dalla morale. La ragione che per gli Uomini è sinonimo anche di tradizione, di ricerca della verità. Di forza nell’affermare i principi che sono propri del pensiero laico di tutti i tempi, di tutti i popoli, i principi professati dagli uomini che hanno fatto veramente grande la storia del pensiero umano. La scuola pitagorica, i platonici. Erasmo da Rotterdam, gli illuministi, i padri della Costituzione americana, tutti gli uomini che hanno contribuito in mo¬do determinante alla crescita dell’umanità e allo sviluppo del bene. Che sia questo un punto di partenza e un segnale forte.. Come uno dei pochi fari nel grigio del presente a cuirivolgersi.