Settembre 7, 2024

Le aziende europee che guadagnano dalle riparazione delle armi ucraine

La retorica dell’aiuto in nome dei valori europei al Paese democratico aggredito è stata smentita dai fatti molte volte. La narrativa del mainstream continua a proporla, ma recentemente è uscito fuori un altro caso che la ridicolizza e ne espone i lati oscuri, quelli connessi al business delle armi. Gli obici decrepiti inviati dal governo italiano (destinati da Draghi e caricati da Meloni) fanno fare la solita figuraccia al Paese di Arlecchino che serve due padroni e del Pulcinella combinaguai. Tuttavia, invitano anche i cittadini a riflettere su chi pagherà per rimettere in sesto non solo le armi mandate già in cattive condizioni, ma anche e soprattutto quelle danneggiate in combattimento o da modernizzare. Si sono già fatte avanti almeno tre grandi aziende dell’Europa centrale e orientale, desiderose di aggiudicarsi le commesse per le armi dell’Ucraina. E dietro di esse vi sono i rispettivi governi, che le controllano o ne traggono beneficio in termini di occupazione e quindi di consenso popolare. Sono la tedesca Rheinmetall, la ceca Czechoslovak Group e la polacca Bumar-Labedy. Il governo di Kiev insiste nel voler piazzare i centri di manutenzione sul suo territorio o almeno di invitare in Ucraina i tecnici occidentali, ma in entrambi i casi il risultato sarebbe controproducente. I russi infatti potrebbero colpire dall’aria gli impianti o le strade che conducono ad essi e potrebbero considerare i tecnici NATO come un segnale del coinvolgimento diretto dell’Alleanza Atlantica nel conflitto. In un modo o nell’altro, ci guadagnano tedeschi, cechi e polacchi. Ma chi ci perde? Fonte: https://strumentipolitici.it/inviare-armi-allucraina-non-importa-se-sono-rotte-un-circo-imbarazzante-ma-redditizio/

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