Negli Stati Uniti i politici e i giornalisti sono sempre meno restii ad accusare apertamente la Casa Bianca di avere aiutato troppo l’Ucraina a discapito degli stessi cittadini americani. O addirittura di aver di fatto provocare la reazione militare russa e di trarre vantaggio da un conflitto infinito invece che ricercare la pace. Fra i repubblicani, le posizioni hanno tutte sfumature diverse, da un reale desiderio di trovare un nuovo equilbirio internazionale all’isolazionismo tradizionale all’opportunismo in vista delle prossime elezioni. Sta di fatto che al Congresso a metà aprile si sono già mossi venti senatori per dire “basta” agli aiuti americani al governo di Kiev. E più si avvicina l’inizio della campagna elettorale per il 2024, più i politici cercheranno di evidenziare l’abnorme quantità di fondi destinati da Biden al fronte orientale e quindi negati al fronte interno dell’economia e della società americana. E non bisogna comunque dimenticare che c’è ancora Trump in circolazione: la sua posizione sull’Ucraina è ben nota. Anche colui che viene considerato suo erede e quindi rivale si è espresso così (sebbene abbia fatto già retromarcia): è DeSantis, il governatore della Florida. Ma non sono solamente i repubblicani o i conservatori a voler denunciare quanto fatto o disfatto da Biden, ma anche fra i democratici c’è chi vuole prenderne il posto. Anzitutto i candidati presidenziali, primo fra tutti il nipote del presidente Kennedy e figlio di suo fratello Robert, anch’egli assassinato. Si tratta di RFK, Robert Kennedy junior, il cui attivisimo contro le restrizioni e la repressione civile della gestione Covid lo hanno portato a manifestare in piazza anche a Milano. Oggi si batte per fermare il coinvolgimento americano in Ucraina e per trovare vie diplomatiche di risoluzione. Fonte: https://strumentipolitici.it/usa-crescono-le-critiche-di-politici-e-intellettuali-verso-il-sostegno-allucraina/