L’imprenditore Fabrizio Zucca e il Prof Riccardo Sindoca hanno acquistato l’ultima cena di Rubens eseguita dal grande artista Fiammingo:Giovanni Battista De Andreis, artista sperimentatore e studioso di tecniche calcografiche, analizza storia e tecnica dell’incisione derivata dal Cenacolo di Leonardo per una circostanziata e attendibile attribuzione al celebre maestro di Anversa.
Se ne conosceva l’esistenza da sempre, da quando si è cominciato a scrivere di Rubens come incisore e più importante diffusore di questa particolare tecnica d’arte.
“Gli amatori hanno cercata avidamente la stampa rappresentante il famoso Cenacolo di Leonardo da Vinci” così la presenta il Ferrario nel suo Le classiche stampe dal cominciamento della calcografia, del 1836.
Ogni trattato ne parla, a partire dal Settecento, primo fra tutti il Mariette, assieme alle due uniche acqueforti concordemente attribuite al Maestro fiammingo: la Santa Caterina d’Alessandria e la Vecchia della candela.
La notizia: L’ultima cena, una tra le più ricercate incisioni di Rubens, è recentemente riapparsa presso un professionista Romano, il dottor Gilberto di Benedetto (psicologo e psicoterapeuta).
Certamente un omaggio importante per il celebre e sfortunato Cenacolo dipinto da Leonardo sul finire del Quattrocento per il refettorio di Santa Maria delle Grazie in Milano.
Un bulino che per le dimensioni insolite (mm 996 x 298 al bisello) è stato realizzato su due matrici congiunte: procedimento non certo consueto all’epoca, dovuto probabilmente alla difficoltà di produrre o incidere matrici in rame di dimensioni così ragguardevoli.
Tanto per l’esecuzione quanto per la storia che l’accompagna il recente rinvenimento merita più di una riflessione o di una expertise sbrigativa. La tradizione è unanime nell’attribuire l’incisione alla mano di Soutman, peintre-graveur allievo di Rubens e cresciuto alla sua bottega.
L’autenticità della stampa è garantita dalla tiratura coeva, in primo stato, impressa su carte con filigrane di Leida, in ottimo stato di conservazione. Le matrici originali sono tuttora conservate presso lo Stedekijk Prentenkabinet di Anversa.
Le scritte della legenda sottostante, chiare ma non senza enigmi, impongono qualche considerazione non inutile.
A sinistra, fatto il dovuto riferimento a Leonardo (Pinxit) si legge P. P. Rub. Delin. (disegnò). Manca del tutto l’indicazione solita dell’incisore esecutore, accanto al termine excudit. Perché?
Dopo il termine invenit, (quì sostituito da pinxit, l’autore dell’ originale) il termine delineavit indica l’autore del disegno esecutivo, in questo caso Rubens.
A rigore dobbiamo dedurre che Rubens disegnò – di questo possiamo stare certi, scrupoloso com’era – ma che nessuno eseguì (sculpsit o excudit). Com’è possibile?
Le ipotesi non sono poche: l’impossibilità di menzionarlo, che l’artista non l’abbia ritenuto pertinente o necessario, che non era semplice stabilirlo o perché, semplicemente, gli incisori erano due.
Da notare che l’acquaforte, a differenza del bulino che viene inciso, in effetti viene “disegnata”. Forse in questo il senso di quel delineavit, che nel presente contesto assumerebbe un significato particolare: l’autore del disegno potrebbe coincidere con l’autore dell’acquaforte?
La Pinacoteca Repossi di Chiari (Brescia) possiede un foglio similare a questo, non coevo però e sprovvisto di filigrana dove curiosamente si legge, nella specifica della Collezione: “Il nome dell’incisore è stato sostituito da quello del disegnatore”. Una ammissione incauta che non fa che ravvivare gli interrogativi appena esposti.
Curioso anche – sempre a proposito di questo lavoro e prassi generalizzata – come gli studiosi parlino indifferentemente ora di acquaforte ora di bulino, mai accennando ad una tecnica composta o comunque menzionando le due tecniche.