Mercoledì 3 giugno alla libreria Arion Montecitorio, piazza Montecitorio 59, alle ore 17,30.
Presenteranno il libro Franco Ionta, Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, Vladimiro Satta, documentarista del Senato, Giovanni Bianconi, giornalista del Corriere della Sera e Andrea Giannasi, editore.
Un saggio spietato che dopo 37 anni riconsegna alla storia quella verità che le era stata indebitamente sottratta. Un libro che eleva a fatti quelli che sino ad oggi erano stati solo sospetti. Mercoledì 3 giugno alla libreria Arion Montecitorio, piazza Montecitorio 59, alle ore 17,30 si terrà l’attesissima presentazione del saggio “Questi fantasmi. Il primo mistero del caso Moro” di Gianremo Armeni (Tra le righe libri).
Si tratta della prima ricostruzione della strage di via Fani analizzata in modo chirurgico, impossibile da demolire perché basata esclusivamente su prove e documenti inediti scovati negli archivi, sempre omessi dai teorici della cospirazione.
Una ricerca – quella presentata in questo saggio – che rovescia senza appello il ruolo attivo della moto Honda e il tentato omicidio ai danni del testimone Alessandro Marini, gettando molte ombre sul corretto operato di alcuni addetti ai lavori che hanno contribuito ad alimentare la leggenda.
“Quella di Armeni è innanzitutto una grande prova di metodologia storica – ha scritto Il Garantista. – Cinque anni di lavoro, una ricerca imponente che non trova eguali sulla materia… Ne fuoriesce un’autopsia implacabile di quella che è la genesi del discorso dietrologico.”
Presenteranno il libro Franco Ionta, Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, Vladimiro Satta, documentarista del Senato, Giovanni Bianconi, giornalista del Corriere della Sera e Andrea Giannasi, editore.
Tutto ebbe inizio la mattina del 16 marzo 1978, quando un testimone oculare si presentò agli inquirenti sostenendo di aver assistito all’intero svolgimento della strage di via Fani. Riferì una serie di dettagli, tra cui una diapositiva, esclusiva rispetto alla memoria visiva del resto dei passanti perché riprendeva l’ultimo frammento del rapimento. Quella rivelazione suscitò subito un gran clamore, e non fu mai posta in discussione perché ad autenticarla intervennero una sentenza della magistratura e le pagine di storia. In quella scena finale, secondo il racconto del teste più noto di tutto l’affaire, due centauri a bordo di una moto Honda gli esplosero contro una raffica di mitra.
Questi due personaggi non furono mai individuati, al pari del mezzo a due ruote, e questa lacuna autorizzò molti osservatori a piazzare sulla motocicletta di tutto, da uomini dei servizi segreti a quelli della criminalità organizzata, tutti uniti sotto l’egida del complotto. Questa storia rappresenta il primo mistero del caso Moro.
Ma le cose andarono veramente in quel modo?
Ciò che il testimone vide, corrispose effettivamente a ciò che andò in onda?
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