La Falanghina del beneventano, dal frutto a bacca bianca, molto diffuso nella Regione Campanaia ha un etimologia di non facile intuizione. Se si risale all’espressione greca jάlagx (falags), risulta difficile l’associazione con il nome Falanghina dal momento che la locuzione assume diversi significati: cilindro di legno, grosso legno cilindrico o bastone, esercito schierato. Altro termine, sempre di origine greca è jalάggion (phalaggion), che dal punto di vista fonetico è simile al vitigno, anche se, veniva indicato come una specie di erba o un particolare ragno. Secondo altri il termine Falangina deriverebbe dal latino il cui nome fa riferimento al latino “falangae”ossia i pali che nell’antichità greco-romana venivano impiegati per sostenere le viti.
Si tratta di un vino giovane, dal gusto morbido caratterizzato da una significativa componente glicerica, con un caratteristico colore giallo paglierino e dalle note fruttate.
Secondo i dati forniti da Winenews, la falanghina si colloca tra i primi venti a livello nazione per indice di popolarità ed è il frutto più coltivato nella Regione Campania.
Il successo è legato sicuramente alla forte integrazione tra la fase agricola e quella di prima trasformazione del prodotto dal momento che viene svolto in modo esclusivo dai viticoltori e dalle cantine sociali che con grande maestria e l’impiego di metodologie tradizionali attribuiscono ai vini campani una particolare tipicità.
Quattro sono le aree della provincia di Benevento interessate alla produzione: Solopaca, Guardia Sanfromondi, Taburno e Sant’Agata dei Goti. Si tratta di zone a fondovalle, caratterizzate da temperature miti, piovosità intorno ai 1000 ml annui, con periodi invernali freddi ed estati moderatamente calde che si presentano particolarmente favorevoli alla coltivazione della Falanghina del beneventano e delle viti in generale.
Un panorama vitinicolo affascinante dove si evidenzia il legame profondo di queste terre con l’antichità greco – romana e contestualmente l’ammodernamento che ha portato alla realizzazione di vigneti a sesti fitti con forme di allevamento a spalliera, permettendo la produzione di vini D.O.C.
Si tratta di aziende di medio-piccole dimensioni quali cooperative o cantine sociali, in cui si svolgono tutte le operazioni di vinificazione. La raccolta dell’uva falangina inizia a metà ottobre fino alla fine del mese e viene eseguita a mano, selezionando con cura ogni grappolo. I processi di spremitura soffice e la fermentazione in grossi tini di acciaio, a temperatura controllata tra i 12-14 gradi, permette di ottenere un mosto puro, ben separato dalle bucce.
L’imbottigliamento, dopo alcuni mesi dalla vendemmia, ed il confezionamento sono operazioni che vengono svolte all’interno delle area geografiche di produzione in modo da salvaguardare la qualità e garantire l’origine.