Tanto tuonò che alla fine piovve. Dopo mesi di richiami e di scadenze non rispettate la Commissione Europea sta per avviare una nuova procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Sotto la lente di Bruxelles questa volta c’è il fatto che il nostro paese non ha ancora realizzato un deposito nazionale delle scorie nucleari, che è invece deve essere presente per le leggi comunitarie. Ma non c’è solo questa di problematica rilevata dalla Commissione. L’Italia infatti non ha presentato neanche il programma nazionale di gestione del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi, che doveva esser consegnato entro l’ormai lontano 2014. Una serie di ritardi sulla messa a punto di un piano nazionale per lo smaltimento rifiuti nucleari e radioattivi che pare non siano più tollerate dalla Commissione Europea che ha dato come termine perentorio per la presentazione di tutte le documentazioni complete del 13 gennaio, consegna che però non è avvenuta. Cosa che si sapeva in quanto il Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, aveva già mesi fa anticipato, per l’esattezza era il marzo 2015, che l’Italia non avrebbe soddisfatto a pieno le richieste di Bruxelles e che avrebbe presentato solo una bozza sul piano nazionale di smaltimento del tutto informale e non vincolante. Soprattutto non sarà indicato il luogo dove c’è l’intenzione di realizzare il sito.
Un problema, nessuna soluzione
Il problema di fondo di questi ritardi è prettamente politico. L’individuare un luogo idoneo alla costruzione del deposito nazionale dei rifiuti nucleari è infatti un passo indispensabile per la messa in sicurezza della salute dei cittadini, ma al contempo stesso la scelta del posto dove farlo deve essere fatta con cura. Il problema però è che, come precedentemente accaduto, ogni volta che viene fatto un nome di un luogo per la realizzazione subito scoppiano proteste, anche violente, degli abitanti della zona restii ad avere vicino le loro abitazioni il sito. Proteste delle volte più che legittime in quanto si sono paventate soluzioni poco felici. Quindi i vari Governi hanno sempre tenuto sotto chiave le possibili soluzioni, in quanto in un clima di costante campagna elettorale non volevano andare ad inimicarsi determinate zone. Con il risultato che il tempo passa ed ora Bruxelles chiederà un conto che naturalmente pagheranno i cittadini.