Settembre 17, 2024

La gioielleria artigianale sarda affonda le sue radici in tempi molto antichi: fin dall’epoca preistorica, infatti, la sua presenza ha costituito parte integrante dell’abbigliamento tipico ed ha rivestito un importante ruolo simbolico in quanto espressione della cultura isolana. La centralità del gioiello nella tradizione del popolo sardo, in tal senso, si ricollega ad una ricca fioritura di miti e leggende, come quella delle “domus de janas”: in queste case incantate, le fate tessevano stoffe preziose con fili d’oro e d’argento e pietre preziose. Questo mito spiega in particolare l’importanza di alcune lavorazioni tipiche come la filigrana.
La scelta delle pietre preziose, invece, è strettamente connessa alla visione del gioiello quale “medium” fra gli uomini e gli dei: gli antichi abitanti della Sardegna, infatti, attribuivano ad alcune pietre la capacità di combattere gli spiriti maligni, comunicare con le divinità e invocarne la grazia. Nella storia del popolo sardo, i gioielli hanno ricoperto funzioni legate ad ogni aspetto della vita, dai matrimoni alle nascite, dalle attività quotidiane ai riti funebri. Per gli influssi soprannaturali di cui si ritenevano dotati, essi venivano posti nelle tombe per proteggere i defunti e assicurarne la rinascita.
Alcuni particolari gioielli, come quelli realizzati in argento e ossidiana, servivano inoltre a difendere i neonati dal malocchio, ancora oggi vengono regalati ai neonati monili di questo tipo. Oltre che con l’ossidiana, gli antichi amuleti sardi venivano confezionati con conchiglie, coralli, cristalli, ambra e pasta vitrea. Accanto al ruolo sacrale, il gioiello sardo svolge da sempre una importante funzione di “completamento” dell’ abbigliamento tradizionale. La produzione orafa locale, in tal senso, si esprime in una molteplicità di manufatti, dai più classici (orecchini, collane, anelli e spille) ai più tipici, come le catene per i gilet maschili e i ganci con catenelle per la chiusura dei busti femminili. Ogni anno, nelle sagre popolari e nelle feste patronali locali (come la sagra di Sant’Efisio a Cagliari), è inoltre possibile ammirare alcuni prodotti di oreficeria creati appositamente per integrare i costumi di alcune particolari zone della Sardegna: è il caso, ad esempio, della “sa gancera de prata”, la gancera d’argento tipica del costume femminile di Atzara, o dei gemelli di corallo con catenella d’argento sulla camicia del costume maschile di Olbia.
La filigrana è la tipologia di lavorazione ancora oggi più utilizzata per i gioielli tradizionali. Gli anelli, ispirati ai modelli caratteristici dell’epoca medievale, sono spesso realizzati con questo tipo di motivo: la “fede sarda”, infatti, presenta diverse file di granuli in filigrana su una base a fascia. Anche le collane presentano decorazioni in filigrana, alle quali si affiancano i motivi a traforo, i disegni sbalzati e le pietre preziose come i coralli e i granati. Molto diffusi sono anche i bottoni, anch’essi in filigrana o in lamina traforata, e i cammei: questi ultimi, presenti soprattutto nei costumi tradizionali di Olbia e Iglesias, hanno una foggia ispirata ai modelli romani e punici.
Tra gli oggetti ornamentali più antichi e caratteristici dell’arte orafa sarda ci sono le spille: il loro uso da parte delle popolazioni locali risale a tempi molto remoti. Il gusto sardo le predilige in filigrana d’oro e d’argento e a forma di fiore, cuore o stella. Gli orecchini, invece, hanno conosciuto la loro maggiore diffusione nell’isola solo a partire dal XIX secolo: di varie fogge a seconda della zona di produzione, sono forgiati soprattutto in corallo grezzo e filigrana d’oro.

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